Il romanzo “Il corridoio nero” (“The Black Corridor”) di Michael Moorcock è stato pubblicato per la prima volta nel 1969. In Italia è stato pubblicato dalla Casa Editrice La Tribuna nel n. 172 di “Galassia” e all’interno del n. 41 di “Bigalassia” e da Mondadori nel n. 133 di “Urania Collezione” nella traduzione di Gabriele Tamburini. Quest’ultima edizione è anche disponibile in formato Kindle su Amazon Italia e Amazon UK e in formato ePub su IBS.
Alla fine del XX secolo la situazione mondiale sta diventando sempre più caotica. Anche nelle nazioni più avanzate la società di sta disgregando e in Inghilterra una fazione fascista prende il potere, portando ad una crescente xenofobia. Ryan è un uomo d’affari che finché è possibile cerca di tirare avanti ma arriva il momento in cui deve fare una scelta radicale per salvare la sua famiglia.
Assieme ad un gruppo di parenti e amici, usa le risorse che hanno a disposizione per rubare un’astronave e partire per il pianeta Munich 15040, che orbita attorno alla Stella di Barnard. Il pianeta è ritenuto colonizzabile ma i sei anni luce di distanza rendono il viaggio lungo. Mentre gli altri vengono messi in ibernazione, Ryan guida l’astronave verso la meta ma la solitudine e i ricordi degli ultimi disastrosi anni sulla Terra rendono difficile mantenere il contatto con la realtà.
La scrittrice Hilary Bailey, allora sposata con Michael Moorcock, aveva cominciato a scrivere un romanzo sul futuro collasso della società ma non l’aveva continuato. A quel punto, il marito aveva deciso di utilizzare le idee della moglie per un suo romanzo, diventato “Il corridoio nero”. Le scene ambientati sulla Terra sono la riscrittura della storia di Hilary Bailey e Michael Moorcock vi ha aggiunto tutta la parte ambientata nello spazio.
Il risultato è un romanzo che racconta in parallelo la storia di Ryan sull’astronave, che ha deciso di chiamare “Hope Dempsey”, e una serie di flashback che mostrano il progressivo crollo della società inglese negli anni precedenti. Michael Moorcock ha costruito la storia in un modo tale che alla fine è un romanzo psicologico più che catastrofico.
La storia è narrata seguendo il punto di vista di Ryan, una scelta in parte obbligata visto che è l’unico rimasto sveglio sull’astronave per vigilare sul suo buon funzionamento, mentre i parenti e gli amici fuggiti con lui dalla Terra sono in ibernazione. Questa situazione diventa sempre più pesante per Ryan, che perde progressivamente il contatto con la realtà ma cos’è reale?
La storia di Ryan sull’astronave diventa sempre più surreale ma anche i flashback non sono necessariamente più affidabili. La storia dell’ascesa al potere di una fazione fascista è raccontata in maniera piuttosto rozza, dando l’impressione che l’Inghilterra si sia ridotta ad un paese di pazzi paranoici. Ad un certo punto, perfino i gallesi vengono considerati stranieri da guardare con sospetto, peggio ancora gli irlandesi.
Anche in certe scene con parenti e amici ci sono situazioni al limite dell’assurdo. Anch’esse mostrano una società allo sbando in cui le persone si isolano sempre di più e cercano di avere contatti solo con un gruppo ristretto di persone fidate. Non sempre questo basta perché ci sono forti tensioni anche all’interno della famiglia e tra quelli che dovrebbero essere amici.
I dubbi sull’affidabilità del racconto riguardano però soprattutto le scene sull’astronave. Ci sono parecchie scene con stampati del computer, che sono nello stile tipico delle vecchie stampanti che stampavano solo testo, formattato con asterischi. In vari casi ci sono sequenze di testi stampati che formano schemi che rispecchiano lo stato mentale di Ryan, non certo ciò che un computer produrrebbe.
Il risultato è che leggendo “Il corridoio nero” i dubbi su ciò che sta realmente avvenendo aumentano pagina dopo pagina. Le varie scene aggiungono ambiguità dopo ambiguità e Michael Moorcock inserisce deliberatamente vari dettagli che portano a diverse conclusioni. Alla fine del romanzo, ogni lettore può scegliere una delle spiegazioni alternative o rileggerlo per riesaminare i vari elementi.
In ogni caso, ciò che è certo è che non c’è un happy ending perché “Il corridoio nero” è un romanzo dai toni davvero cupi. Se inizialmente c’è una speranza nel viaggio verso il pianeta Munich 15040, diventa ben presto chiaro le cose stanno andando male e potranno solo peggiorare. Lo stato mentale di Ryan, già compromesso all’inizio della storia, degenera in episodi psicotici.
“Il corridoio nero” è uno scavo nella psiche di Ryan perciò è l’unico personaggio davvero sviluppato. Nelle scene sulla Terra il ritmo è elevato anche se non c’è molta azione. Il romanzo è piuttosto breve anche per gli standard britannici dell’epoca perciò anche nelle scene sull’astronave il ritmo non scende mai molto.
Secondo me, “Il corridoio nero” è un buon romanzo ma per come Michael Moorcock l’ha sviluppato può piacere a chi apprezza quel tipo di storie e i temi contenuti, meglio se non ha tendenze depressive.
[ad name=”AmazonMichaelMoorcock”]
Permalink