Forse gli Homo naledi seppellivano i loro morti

Ricostruzione di uno degli scheletri di Homo naledi nella posizione in cui è stato trovato (Immagine cortesia Berger et al., 2023)
Ricostruzione di uno degli scheletri di Homo naledi nella posizione in cui è stato trovato (Immagine cortesia Berger et al., 2023)

Tre articoli, disponibili qui, qui e qui, in fase di peer-review in vista di una pubblicazione sulla rivista “eLife” riportano diversi aspetti di uno studio su quelle che sono state definite come sepolture intenzionali di individui appartenenti alla specie Homo naledi. Vari ricercatori che includono il dottor Lee Berger, che guidò il team che scoprì questi ominini, hanno esaminato la grotta chiamata Rising Star, a circa 50 km a nordovest di Johannesburg, in Sud Africa, in cui i loro fossili sono stati scoperti e quelle che sono state interpretate come incisioni di simboli che accompagnano le sepolture. Ciò significherebbe che gli Homo naledi seppellivano i loro morti tra 241.000 e 335.000 anni fa, 100.000 anni prima degli Homo sapiens.

Ancor prima di una pubblicazione ufficiale degli articoli, altri ricercatori hanno manifestato il loro scetticismo sostenendo la teoria secondo cui gli Homo naledi scoperti in quella grotta vi sono stati gettati e affermando che è impossibile datare le incisioni, che potrebbero essere state fatte molto tempo dopo.

L’annuncio fatto nel 2015 della scoperta di una nuova specie di ominini che era stata chiamata Homo naledi ha destato molto interesse, anche per l’insieme di caratteristiche primitive e moderne degli individui trovati. Fin dall’inizio, la scoperta è stata accompagnata da controversie sulla classificazione dei fossili, perciò non è sorprendente che vi sia scetticismo anche sulle nuove conclusioni dei ricercatori.

Il dottor Lee Berger aveva avanzato l’idea che quegli individui fossero stati sepolti intenzionalmente, un’ipotesi importante pensando che la sepoltura più antica scoperta finora risale a 78.000 anni fa. L’analisi dei sedimenti presenti attorno alle ossa indicano che quei fossili hanno età che vanno da 241.000 a 335.000 anni.

Lo studio della grotta è difficile a causa delle dimensioni molto ridotte dei passaggi tra le varie camere ma Lee Berger e i suoi collaboratori hanno continuato a esplorarle trovando altre ossa fossili. I ritrovamenti hanno anche incluso oggetti e incisioni che sono state attribuite agli Homo naledi perché non sono state trovate tracce di altri ominini all’interno della grotta.

Gli Homo naledi avevano un cervello piccolo rispetto a quello degli Homo sapiens, di dimensioni simili a quello di uno scimpanzè o di un australopiteco. Tuttavia, la struttura cerebrale ha un’importanza superiore alle dimensioni perciò è possibile che gli Homo naledi avessero un’autocoscienza simile a quella degli umani moderni e che ciò includesse anche un trattamento speciale dei loro defunti.

Se le conclusioni di questo studio fossero corrette, fornirebbero indicazioni importanti sulle capacità mentali degli Homo naledi ma sono già state oggetto di contestazioni. Secondo altri ricercatori, gli individui scoperti potrebbero essere stati gettati nella grotta, dove sono stati ricoperti da sedimenti portati da processi naturali. Riguardo alle incisioni, alcuni sostengono che potrebbero essere state fatte molti millenni dopo da ominini appartenenti a un’altra specie dato che non è possibile datarle.

In uno degli articoli sottoposti alla rivista “eLife” gli autori hanno dichiarato che la sepoltura e il significato ad essa collegato da parte di un ominino con un piccolo cervello altera la nostra comprensione dell’evoluzione umana. Proprio per questo motivo, servono altre prove che quelle della grotta Rising Star siano davvero sepolture intenzionali e che le incisioni siano simboli incisi dagli Homo naledi.

Incisioni trovate nella grotta Rising Star (Immagine cortesia Berger et al., 2023)
Incisioni trovate nella grotta Rising Star (Immagine cortesia Berger et al., 2023)

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *