Le mappe del cielo di James Blish

Le mappe del cielo di James Blish
Le mappe del cielo di James Blish (edizione britannica)

Il romanzo “Le mappe del cielo” (“And All the Stars a Stage”) di James Blish è stato pubblicato per la prima volta nel 1960 a puntate sulla rivista “Amazing Science Fiction” e nel 1971 come libro. In Italia è stato pubblicato da Dall’Oglio nel n. 15 di “Andromeda” e da Mondadori nel n. 858 di “Oscar”, nel n. 177 dei “Classici Urania” e nel n. 233 di “Urania Collezione” nella traduzione di Giuseppina Limentani Pugliese.

Jorn Birn non ha molte prospettive in un mondo in cui c’è una forte predominanza di uomini e un’altrettanto forte concorrenza per i favori della piccola minoranza di donne. Una possibilità arriva da un programma spaziale che ha lo scopo di testare una propulsione più veloce della luce. Jorn viene selezionato per essere addestrato come navigatore e accetta pur sapendo che la missione sarà sperimentale e molto rischiosa.

Tutto cambia quando lo studio di anomalie rilevate nell’attività solare porta alla conclusione che il Sole esploderà entro pochi anni. Anche concentrando tutti gli sforzi del mondo, solo una piccola percentuale degli esseri umani può sopravvivere e la selezione degli equipaggi delle astronavi disponibili è severissima. Jorn Birn piloterà una di esse alla ricerca di un pianeta abitabile.

Nel romanzo “Le mappe del cielo”, James Blish ci porta in uno strano futuro in cui i progressi della selezione del sesso dei figli ha portato a una popolazione in cui le donne sono poche e molto importanti. I molti uomini sono in una situazione di svantaggio con varie ramificazioni sociali. Questo ed altro cambia totalmente con la prospettiva dell’estinzione dell’umanità e la necessità di lasciare la Terra prima che il Sole esploda.

James Blish era specializzato in scienze biologiche ma nelle sue opere inseriva anche elementi di altre scienze. A decenni di distanza dalla pubblicazione del romanzo, alcune parti risultano datate mentre altre hanno trovato conferme. In realtà, quel palcoscenico interstellare viene usato da James Blish soprattutto per mostrare le reazioni dell’umanità alla catastrofe e alla ricerca di una nuova casa perciò gli elementi scientifici sono funzionali alla trama e a volte inventati.

I risultati sono variabili soprattutto per quanto riguarda l’astronomia. Oggi sappiamo che il Sole è troppo piccolo per esplodere perciò una delle basi del romanzo è superata. Durante il viaggio nello spazio, i sopravvissuti passano vicino a vari sistemi planetari e uno di essi include quella che viene definito come una massa gassosa gigantesca, un oggetto troppo grande per essere un pianeta ma troppo piccolo per essere una stella, un oggetto che oggi viene chiamato nana bruna.

Il viaggio nello spazio dei sopravvissuti dura parecchi anni soggettivi perciò ci sono vari salti in avanti nel tempo. È forse la parte che soffre maggiormente della lunghezza limitata del romanzo perché offre l’impressione di cambiamenti repentini nella loro situazione. È uno dei casi in cui viene da pensare che il romanzo sarebbe stato molto più lungo se fosse stato scritto in un’epoca successiva. Un autore come James Blish avrebbe potuto sviluppare con maggior forza trama, personaggi e i tanti temi. Ad esempio, i basilischi, creature create in laboratorio, e il rapporto che hanno con gli uomini sono sviluppati in modo limitato.

Per certi versi, “Le mappe del cielo” è tutto sbagliato nel senso che il ritmo è molto diseguale, pochissimi personaggi hanno una reale caratterizzazione e in certi casi è sopra le righe, c’è molta esposizione e tanti temi hanno poco spazio per essere sviluppati in un romanzo che è breve per gli standard odierni. Nonostante ciò, James Blish riesce un racconto non banale degli sforzi compiuti per salvare l’umanità dall’estinzione. Ha difetti e parti datate, eppure credo che posa valere ancora la pena di leggerlo.

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