Piccoli microchip dalla NASA

Alcuni microchip ASIC (Immagine NASA's Goddard Space Flight Center/Joy Ng)
Alcuni microchip ASIC (Immagine NASA’s Goddard Space Flight Center/Joy Ng)

La NASA ha sviluppato una serie di microchip progettati per essere utilizzati su sonde spaziali. Si tratta della famiglia ASIC, composta da chip progettati per essere piccoli e allo stesso tempo resistenti alle radiazioni presenti nello spazio e in particolare in certe regioni. Sono stati impiegati nella sonda spaziale Juno che il 4 luglio è entrata nell’orbita di Giove, un pianeta dotato di un potentissimo campo elettromagnetico.

Nikolaos Paschalidis, che oggi è lo scienziato capo del Goddard Space Flight Center della NASA, ebbe l’idea degli ASIC (Application Specific Integrated Circuits) e cominciò a svilupparli quando lavorava al Johns Hopkins Applied Physics Laboratory. Buona parte dei suoi primi lavori riguardava la miniaturizzazione di strumenti spaziali e sistemi con tecnologie avanzate come l’elettronica su un microchip.

Oggi l’eliofisica è una delle materie più importanti per il lavoro di Nikolaos Paschalidis. Si tratta dello studio del Sole e di come influenza le particelle e l’energia nello spazio. Il Sole ha un’enorme influenza sulla quantità di radiazioni presenti nel sistema solare con le sue continue emissioni ma anche con l’interazione tra il vento solare e i pianeti.

Nel caso del pianeta Giove, l’interazione tra vento solare e il campo elettromagnetico del pianeta determina intense aurore ed enormi fasce di radiazioni attorno ad esso. Si tratta di ambienti davvero difficili per apparecchiature elettroniche perché le radiazioni che colpiscono i microchip possono determinare malfunzionamenti. Può essere sufficiente l’alterazione di qualche bit per creare grossi problemi a una sonda spaziale. È vero che ci sono sistemi di sicurezza per prevenire il peggio ma una sonda che interrompe le operazioni comporta come minimo ritardi nei lavori.

I microchip della famiglia ASIC sono già stati impiegati in varie missioni della NASA. Nel caso della sonda spaziale Juno, sono parte dello strumento JEDI (Jovian Auroral Distributions Experiment), che non è una spada laser 😉 bensì un misuratore della composizione della magnetosfera, il campo magnetico che circonda il pianeta Giove. Il più grande dei chip ha le dimensioni di un cracker e ciò permette allo strumento di essere molto piccolo, richiedendo meno potenza e una minore schermatura rispetto a chip più grandi.

La NASA non è l’unica agenzia spaziale a sviluppare microchip perché anche l’ESA ne progetta per le proprie missioni spaziali. Con il loro lavoro queste agenzie contribuiscono ai progressi nei loro programmi spaziali che potranno essere utili anche per altri sviluppi di componenti elettronici molto piccoli e allo stesso tempo potenti ed efficienti.

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