Nanobot fatti di DNA per uso medico

Struttura di una molecola di DNA
Struttura di una molecola di DNA

Daniel Levner, un bioingegnere del Wyss Institute all’Università di Harvard, e alcuni colleghi dell’Università Bar Ilan di Ramat-Gan, in Israele, hanno costruito dei nanobot, microscopici robot fatti di DNA (foto ©Michael Ströck). Essi sono stati inseriti in scarafaggi per testare la possibilità di compiere operazioni logiche che potranno permettere di diagnosticare malattie o portare medicinali in maniera estremamente mirata.

Questi nanobot sono chiamati anche robot origami perché i filamenti di DNA possono essere spiegati e ripiegati. Essi possono interagire tra di loro in diverse combinazioni formando una sorta di computer biologico che può lavorare all’interno di un organismo con una notevole precisione.

La possibilità fondamentale che i ricercatori vogliono sfruttare è quella di usare le proprietà di legame del DNA. In pratica, quando il DNA incontra un certo tipo di proteina, esso si divide in due filamenti complementari. Il trucco sta nel fare in modo che quando i filamenti entrano in contatto con molecole specifiche, come una cellula malata, si dividono e a quel punto essi rilasciano una sostanza contenuta al loro interno.

Negli esperimenti con gli scarafaggi, i nanobot sono stati marcati con sostanze fluorescenti in modo da permettere agli scienziati di seguirne il percorso. In questo modo, è stato anche possibile analizzare i risultati delle diverse combinazioni di nanobot nel rilasciare le sostanze in essi contenute.

Questi nanobot hanno il potenziale per compiere operazioni anche complesse combinando il potenziale di una quantità sufficiente di essi. È un po’ come mettere assieme una certa quantità di transistor in un processore di silicio: più transistor sono disponibili, più potente è il processore. Secondo gli scienziati che hanno iniziato questa ricerca, i loro nanobot potrebbero raggiungere una potenza di calcolo paragonabili a quella della CPU 6502 degli home computer a 8 bit degli anni ’80 come il Commodore 64 o l’Atari 800.

Le possibilità a livello medico sono notevoli e tutte da esplorare. Ad esempio, nel caso di trattamento del cancro, sarebbe possibile usare i nanobot per trasportare medicinali direttamente alle cellule malate, massimizzandone l’efficacia e minimizzandone gli effetti collaterali.

Gli esperimenti con gli scarafaggi sono ancora ad una fase iniziale. Per effettuare esperimenti su mammiferi, bisogna superare il problema del loro sistema immunitario, che attaccherebbe i nanobot. Saranno necessarie modifiche ai nanobot per permettere loro di sopravvivere nel corpo di un mammifero ma Ido Bachelet, uno dei ricercatori, è ottimista ed è convinto che sarà possibile cominciare i primi esperimenti in esseri umani entro cinque anni.

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