
Il romanzo “Il Figlio della Macchina” (“The Machine’s Child”) di Kage Baker è stato pubblicato per la prima volta nel 2006. Fa parte del Ciclo della Compagnia del tempo. In Italia è stato pubblicato da Mondadori nel n. 1720 della collana “Urania” nella traduzione di Francesca Noto.
Alec Checkerfield è ben deciso a liberare Mendoza dalla prigione in cui è stata rinchiusa dalla Dr. Zeus Incorporated quando è diventata un’operativa scomoda. Anche i suoi cloni Nicholas Harpole ed Edward Alton Bell-Fairfax, le cui personalità sono state incorporate nel corpo cyborg di Alec, sono d’accordo ma i tre sono quanto di più diverso possibile e ciò rende difficile trovare un accordo su tutto il resto.
Joseph sta vigilando sulla rigenerazione di Budu, che lui considera suo padre, dopo aver letteralmente recuperato i suoi pezzi. Si tratta di un processo lungo e complesso, che gli lascia molto tempo per altre incombenze. Anche Joseph vuole salvare Mendoza, che per lui è una figlia, ma vuole salvarla anche da Alec.
“Il Figlio della Macchina” riprende pesantemente vari fili narrati sviluppati in precedenti romanzi della serie della Compagnia del Tempo. È necessario aver letto questa serie per avere chiaro chi siano i protagonisti e le loro storie personali. Le motivazioni dietro le loro azioni vengono esposte in questo romanzo e ciò rende più facile seguire la storia anche senza ricordare tutti i dettagli degli eventi passati ma ciò non può sostituire la lettura di tutto ciò che è avvenuto in precedenza. Questo romanzo non è un seguito de “Il figlio della Compagnia del Tempo” anche se è il libro successivo nella serie. Gli eventi seguono invece quelli de “La Compagnia del tempo: il mondo che verrà“.
Ho trovato in questo romanzo tutto il meglio e il peggio della serie. Per questo motivo, mi ha lasciato sensazioni miste a livelli estremi come raramente mi è capitato, passando da momenti suggestivi ad altri noiosi o addirittura irritanti e viceversa.
Kage Baker sfrutta appieno le possibilità di viaggiare nel tempo possibili grazie alle tecnologie della Dr. Zeus Incorporated con i protagonisti che compiono parecchi viaggi a volte andando anche indietro nel passato remoto. Si tratta di tecnologie che dovrebbero essere sotto lo stretto controllo della Dr. Zeus Incorporated ma già nei libri precedenti si è visto come qualcuno riesca a usarle clandestinamente.
Per chi apprezza le storie di viaggi nel tempo, secondo me i tanti salti avanti e indietro costituiscono la parte migliore de “Il Figlio della Macchina” in una storia sviluppata su una scala temporale davvero notevole. Sono inclusi anche eventi e personaggi storici, ancorando in qualche modo le parti fantascientifiche a parti della storia dell’umanità.
I protagonisti sono ciò che non mi ha convinto per niente. Non sembrano nel pieno possesso delle loro facoltà mentali. Alec e i suoi cloni devono sopportare la forzata condivisione di un unico corpo fisico con lo stress che ne consegue. Joseph è probabilmente in una condizione di stress estremo causata dal tentativo di salvare sia Budu che Mendoza, una situazione davvero complessa da gestire. Mendoza viene salvata per scoprire che soffre di una seria amnesia.
Lo stato mentale dei protagonisti determina comportamenti non proprio lucidi. Il problema maggiore l’ho avuto dai continui bisticci che avvengono tra le tre personalità incluse nel corpo di Alec a causa delle loro profonde differenze. Non fanno che dichiarare il loro amore per Mendoza e allo stesso tempo si scontrano tra loro su tutto il resto. Sinceramente, mi è parso che tutto ciò serva soprattutto ad allungare il romanzo ma il livello mi è parso da soap opera.
Complessivamente, “Il Figlio della Macchina” ha la sua importanza all’interno della serie della Compagnia del Tempo per le storie dei protagonisti, i quali stanno lavorando contro la Dr. Zeus Incorporated. Certamente è più adatto a chi non ha problemi con i comportamenti di certi personaggi.