Il vichingo in Technicolor di Harry Harrison

Il vichingo in Technicolor di Harry Harrison (edizione americana)
Il vichingo in Technicolor di Harry Harrison (edizione americana)

Il romanzo “Il vichingo in Technicolor” (“The Technicolor Time Machine”) di Harry Harrison è stato pubblicato per la prima volta nel 1967. In Italia è stato pubblicato da Longanesi & C. nel n. 26 di “Fantapocket” e nel n. 212 di “Urania Collezione” (no ebook!) nella traduzione di Maria Luisa Cesa Bianchi.

La Climactic Studio sta per chiudere, anche perché il proprietario L. M. Greenspan ha sempre usato le entrate per i suoi scopi personali. Barney Hendrickson è un regista troppo scarso per sperare di trovare un buon lavoro ed è costretto a proporre quello che sembra un progetto assolutamente folle: girare un film nel passato trasportando la troupe con una macchina del tempo creata dal progessor Hewitt.

L. M. Greenspan viene convinto a dare un budget minimale a Barney Hendrickson per un film sui vichingi da girare nell’anno 1.000. Arrivati sul posto, catturano un vichingo di nome Ottar e, nonostante i problemi linguistici, lo convincono a lavorare per loro come contatto locale per procurare i servizi di altri vichingi che recitino nel film. Tuttavia, complicazioni nel presente e nel passato rischiano di far naufragare il progetto.

Nel corso della sua lunga carriera, Harry Harrison scrisse anche romanzi con forti elementi umoristici e “Il vichingo in Technicolor” è sostanzialmente una commedia basata sulla produzione di un film nel passato grazie all’uso di una macchina del tempo. Un mediocre regista, il proprietario di uno studio di produzione interessato solo a sfruttarne i guadagni, un inventore particolare, un vichingo che parla solo la sua lingua sono personaggi sopra le righe che si trovano in vari modi al centro della storia. Essi e le ambientazioni tra passato e presente sono gli ingredienti della storia di una produzione cinematografica senza precedenti.

Per il regista Barney Hendrickson è l’occasione di associare il suo nome a un film importante ma la produzione comincia rapidamente a essere colpita da vari problemi. In alcune parti del romanzo i toni da commedia, con un po’ di satira sulle produzioni cinematografiche, lasciano il passo a momenti di tensione quando la situazione diventa difficile per la troupe nel passato.

Harry Harrison sfrutta bene le premesse per raccontare una produzione cinematografica improbabile portata avanti anche tra paradossi temporali. Certi dialoghi tra i personaggi affrontano esplicitamente questi paradossi in modo ben comprensibile a chi ha un minimo di conoscenza dei viaggi nel tempo. Per apprezzare pienamente quest’elemento è comunque necessario capire come i vari pezzi della trama si incastrano perciò è meglio prestarvi attenzione. In sostanza, il romanzo è una commedia ma è anche ben congegnato.

La trama è un po’ frammentata tra passato e presente ma complessivamente è scorrevole. Ci sono molti dialoghi perciò il ritmo non è sempre elevato ma Harry Harrison era già un autore esperto e li ha inseriti nella storia in modo che siano un punto di forza e di divertimento. “Il vichingo in Technicolor” è piuttosto breve per gli standard odierni, il che significa che non ci sono allungamenti inutili.

“Il vichingo in Technicolor” può essere considerato una commedia fantascientifica intelligente dato che c’è una trama che è allo stesso tempo buffa e costruita attentamente in modo che il viaggo nel tempo risulti coerente. L’umorismo ha sempre una componente soggettiva nelle reazioni mentre la parte legata al viaggio nel tempo mi sembra che abbia una qualità oggettiva. Una seconda lettura potrebbe aiutare a cogliere tutti i dettagli che possono essere significativi nella gestione dei paradossi temporali ma la trama non mi parsa particolarmente intricata. Per questi motivi, è un romanzo che può piacere a chi apprezza la fantascienza umoristica e ai fan dei viaggi nel tempo.

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