Scienziati della NASA hanno creato alcuni mattoni della vita in condizioni esistenti nello spazio

Gli scienziati Michel Nuevo, Christopher Materese e Scott Sandford con un'apparecchiatura usata nella loro ricerca (Foto NASA/ Dominic Hart)
Gli scienziati Michel Nuevo, Christopher Materese e Scott Sandford con un’apparecchiatura usata nella loro ricerca (Foto NASA/ Dominic Hart)

Un gruppo di scienziati dell’Ames Research Center della NASA ha creato uracile, citosina e timina, tre basi azotate che sono tra i componenti chimici di RNA e DNA. Questo risultato è stato ottenuto riproducendo condizioni esistenti nello spazio, anche quello interstellare. Ottenere queste molecole tramite processi non biologici dimostra che almeno parte dei mattoni fondamentali della vita possono essere arrivati sulla Terra dopo essersi formati nello spazio.

Per creare le tre basi azotate, gli scienziati della NASA sono partiti dalla pirimidina, una molecola composta da idrogeno, carbonio e azoto. Essa è stata trovata nelle meteore perciò c’è la certezza che esista nello spazio. Uracile, citosina e timina sono derivati dalla pirimidina e l’esperimento voleva verificare che fosse possibile ottenerle nelle condizioni esistenti nello spazio.

Da anni, gli scienziati della NASA stanno simulando le condizioni in laboratorio esistenti nello spazio interstellare o ai confini esterni del sistema solare per varie ricerche. In questo caso, hanno sfruttato questa possibilità per verificare come reagiscano le molecole di pirimidina. Gli atomi di azoto nelle loro molecole le rendono meno stabili perciò i ricercatori volevano verificare per quanto possano sopravvivere e se possano subire reazioni che le trasformino in molecole più complesse.

I ricercatori hanno pensato che in teoria le molecole di pirimidina potrebbero sopravvivere abbastanza a lungo da raggiungere nuvole di polvere interstellare. A quel punto, vi troverebbero protezione e la maggior parte congelerebbe, un ambiente molto stabile.

Quest’ipotesi è stata testata nel laboratorio di astrochimica Ames, dove gli scienziati hanno esposto un campione di ghiaccio contenente pirimidina a condizioni che riproducono quelle dello spazio. Si tratta di vuoto spinto, temperature bassissime attorno ai -262° Celsius e forte presenza di radiazioni ultraviolette.

Il risultato è che la pirimidina congelata in ghiaccio composto soprattutto di acqua ma anche di ammoniaca, metanolo o metano è molto meno vulnerabile che se fosse presente in forma gassosa nello spazio aperto. La conseguenza è che invece di essere distrutte, molte molecole sono state trasformate diventando più complesse nella forma di uracile, citosina e timina.

Specificamente, i fotoni che hanno bombardato il campione hanno spezzato i legami chimici nel ghiaccio e i frammenti di molecole si sono ricombinati formando le basi azotate. Questo tipo di reazioni potrebbe essere un importante collegamento tra ciò che succede nello spazio e ciò che è arrivato sulla Terra all’inizio della sua storia per creare le prime forme di vita.

Uracile, citosina e timina sono solo tre dei componenti di RNA e DNA e rimangono ancora molte cose da capire per poter dire di aver risolto completamente il mistero della nascita della vita sulla Terra. È comunque un passo avanti in questa ricerca e mostra come almeno alcuni “semi” della vita possano essere creati nello spazio.

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