La Corte Suprema americana si è rivolta all’amministrazione Obama riguardo al caso di Oracle contro Google sul linguaggio Java

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La Corte Suprema degli USA ha chiesto all’amministrazione Obama un’opinione riguardo al caso di Oracle contro Google nella causa che da anni vede i due colossi in causa per l’uso del linguaggio Java in Android. La lite è cominciata nel 2010 dopo che Oracle ha acquistato Sun, l’azienda che aveva sviluppato Java, e ha ritenuto che Google infrangesse il copyright e alcuni brevetti riguardanti Java. Non si tratta di uno dei tanti scontri tra aziende riguardanti brevetti software bensì di un caso particolare in cui la decisione finale può avere una notevole influenza sul futuro dello sviluppo del software.

Il sistema operativo Android è basato sul kernel Linux ma utilizza ampiamente il linguaggio Java come base per le sue applicazioni. Invece di usare la macchina virtuale Java, Google incluse una sua implementazione di alcune delle API, che in parole molto semplici sono le procedure disponibili al programmatore, della piattaforma Java Standard Edition.

Google cercò già con Sun un accordo per una partnership o che almeno regolasse l’uso di Java in Android ma non se ne fece nulla. Dopo l’acquisto di Sun da parte di Oracle, ci furono altri contatti ma non solo non ci fu alcun accordo ma Oracle portò Google in tribunale.

Nel 2012, una corte distrettuale decise in favore di Google stabilendo che non ci poteva essere copyright sulle API. Invece, nel 2013 una corte d’appello ribaltò la decisione ma lasciando aperta la decisione sul “fair use” da parte di Google. Nell’ottobre 2014, Google si è rivolta alla Corte Suprema, che ora ha chiesto un’opinione all’amministrazione Obama e in particolare al Procuratore Generale Donald B. Verrilli, Jr., la persona che ha il compito di rappresentare il governo federale presso la Corte Suprema.

Sulla questione del copyright sulle API, già nel 2012 si era espressa la Electronic Frontier Foundation. L’organizzazione che difende i diritti delle persone nel mondo digitale aveva fatto notare le conseguenze negative che deriverebbero se fosse possibile avere il copyright sulle API software. Avere il controllo su di esse darebbe la possibilità di decidere chi può creare un programma che è compatibile e può operare assieme ad un altro.

Può sembrare solo una questione tecnica ma le implicazioni sono notevoli. Molti programmi e piattaforme, anche su Internet, hanno API che possono permettere a terzi di interagire con essi. Pensiamo a Firefox o a Twitter, che danno modo a chiunque di scrivere programmi che interagiscono con essi. Controllare chi possa fare ciò limiterebbe la concorrenza e in questi casi le conseguenze sono sempre negative.

A questo punto, non resta che attendere innanzitutto se l’amministrazione Obama deciderà di esprimere un’opinione e in caso positivo quando lo farà e quale sarà. Non c’è una scadenza per rispondere e potrebbe volerci del tempo perché le conseguenze della decisione finale su questo caso sono davvero importanti.

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