Il romanzo “Il morbo bianco” (“The White Plague”) di Frank Herbert è stato pubblicato per la prima volta nel 1982. In Italia è stato pubblicato dall’Editrice Nord nel n. 151/152 della collana “Cosmo. Collana di Fantascienza” e nel n. 5 della collana “Tascabili Nord. Fantascienza” e da Mondadori nel n. 203 di “Urania Collezione” e all’interno di “Esperimenti e catastrofi” nella traduzione di Roberta Rambelli.
John Roe O’Neill è un biologo molecolare americano i cui antenati erano emigrati dall’Irlanda ed è proprio lì che si trasferisce per una ricerca genetica. Quando una bomba piazzata da una frangia estremista dell’IRA uccide la sua famiglia la mente di O’Neill si frammenta e la personalità che ne esce dominante pianifica una vendetta terribile.
O’Neill considera colpevoli non solo gli irlandesi, per il supporto ai terroristi, ma anche gli inglesi, per aver oppresso gli irlandesi spingendoli a ricorrere al terrorismo, e i libici, per aver fornito ai terroristi armi e addestramento.
Con le sue conoscenze biologiche O’Neill riesce a creare una nuova peste che uccide solo le donne ma una malattia non conosce confini e in breve tempo raggiunge in tutto il mondo un livello di sterminio superiore a quello pianificato dal suo creatore. Sarà la fine per l’umanità?
“Il morbo bianco” è il tipo di romanzo che si spera sia fantascienza ma oggi si teme che non lo sia più. Negli ultimi trent’anni infatti le manipolazioni genetiche sono diventate realtà ed è purtroppo plausibile che in qualche laboratorio qualcuno stia tentando di creare una malattia che uccida in maniera selettiva secondo alcuni specifici tratti genetici.
Negli ultimi anni sono state predisposte misure sanitarie per limitare i rischi di epidemie e pandemie. Ufficialmente sono state studiate per far fronte a malattie naturali come l’influenza ma è difficile credere che le autorità competenti non abbiano pensato anche ad attacchi batteriologici. È però vero che oggi c’è talmente tanta gente che viaggia per il mondo che c’è sempre il rischio che una malattia si diffonda per il mondo prima che possa essere instaurata una quarantena.
In “Il morbo bianco” tuttavia non c’è una guerra tra nazioni bensì un brillante scienziato che subisce un trauma terrible che frammenta la sua mente portando la personalità che emerge come dominante a rilasciare nel mondo una terribile malattia.
La frammentazione della personalità di O’Neill rispecchia per certi versi quella che avviene nel mondo e in particolare in Irlanda dopo che il morbo ha colpito uccidendo la stragrande maggioranza delle donne. Il viaggio di O’Neill in Irlanda per vedere di persona gli effetti della sua vendetta è il viaggio ideale dei sopravvissuti di tutto il mondo alla ricerca di un nuovo equilibrio ma “Il morbo bianco” è scritto da Frank Herbert perciò non ci sono soluzioni facili o rassicuranti happy ending.
La ricerca di una cura costituisce solo una parte del romanzo mentre Frank Herbert descrive anche l’evoluzione dei rapporti tra i vari poteri a livello internazionale ma anche all’interno di varie nazioni. Alcuni centri di potere sopravvivono adattandosi alla nuova situazione, a volte anche usando le armi per difendere zone di quarantena, altri si sfaldano nel caos che segue la diffusione del morbo. Qualcuno tenta di mantenere in qualche modo il vecchio status quo ma il messaggio è chiaro: in una situazione del genere la scelta è tra adattarsi o morire.
Frank Herbert è particolarmente amaro riguardo alla situazione dell’Irlanda, dove si svolge una buona parte del romanzo. Secondo lui secoli di oppressione inglese hanno portato ad un’abitudine alla sconfitta e ad un condizionamento all’odio che rende impossibile agli irlandesi gestire in maniera pacifica il caos che segue il rilascio del morbo. Le poche donne che per fortuna sono sopravvissute in isolamento vengono difese da armi pesanti e in Irlanda scoppia una guerra civile per accaparrarsi loro e le risorse rimaste.
L’Irlanda ha una forte tradizione cattolica ma la morte delle donne porta moltissimi uomini a sentirsi traditi arrivando ad uccidere i preti, a volte per tornare all’antica religione celtica. Anche tra i cattolici sopravvissuti ci sono divisioni tra chi rimane fedele alla tradizione e chi invece vede la necessità di adeguarsi ad una situazione totalmente nuova.
Per valutare la plausibilità di quella parte del romanzo bisognerebbe avere una conoscenza approfondita della storia, anche molto recente, dell’Irlanda che io onestamente non ho. Per una coincidenza sto scrivendo questa recensione nel giorno in cui cade il novantesimo anniversario della tregua tra irlandesi e britannici nella guerra di indipendenza dell’Irlanda.
Le discussioni politiche, filosofiche e religione tra i personaggi avvengono spesso nel corso de “Il morbo bianco” perciò chi non gradisce romanzi di quel tipo è avvertito. D’altra parte si sa che queste sono tematiche che Frank Herbert esplora spesso nelle sue storie e in questo caso lo fa in particolare usando i dialoghi tra personaggi che appartengono a diverse fazioni.
In “Il morbo bianco” i personaggi sono davvero tanti e non tutti sviluppati particolarmente bene. Inevitabilmente sono quasi tutti uomini dato che i pochi personaggi femminili tendono a morire nella prima parte del romanzo. Purtroppo l’unica donna sopravvissuta la cui storia viene esplorata nel corso del romanzo è alquanto stupida per cui diventa difficile simpatizzare con la sua situazione.
A causa dei temi controversi e comunque pesanti “Il morbo bianco” può non piacere a molte persone. Secondo me nonostante qualche difetto rimane un eccellente romanzo che mi sento di consigliare a chi non si spaventa di fronte alle sue cinquecento pagine molto dense di contenuti non facili.
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Non sono mai riuscito a leggere Herbert, ma credo sia una lacuna che presto devo colmare. Forse se esco dall’idea di Dune e mi rivolgo ad altri romanzi, come questo, ci riesco
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Io l’ho trovato disturbante e delirante, una vera e propria discesa agli inferi, ricordo di aver chiuso il libro in uno stato semi-comatoso.
C’era di meglio di Herbert da pubblicare, “L’alveare di Hellstrom” per dirne uno.
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È un romanzo certamente duro. Non so perché abbiano scelto di pubblicare proprio questo ma sarei ben felice se ristampassero anche “L’alveare di Hellstrom”.